1° settembre 2019: da esattamente 30 anni abito a Lugano. Questa è una classica non notizia. Ma, prima di chiudere presto questa pagina Facebook, mi permetto fare un breve bilancio. Trent’anni sono pochi, ma possono essere tanti se vissuti in un mondo quasi immobile. Arrivavo da Ginevra pieno di illusioni. Allora il Ticino era infatti chiamato “Regione aperta”. Sembrava una nuova frontiera dove tutto era possibile. L’illusione durò pochi anni. La Lugano di allora era un’attiva piazza finanziaria, la terza per importanza in Svizzera, e un dinamico centro culturale: Estival Jazz, Blues to Bop, Primavera concertistica e stagioni teatrali, di cabaret e musical, oltre che i piano bar, erano in piena crescita; si inauguravano musei cantonali, locali, etnografici e gallerie d’arte e Villa Favorita era la attrazione turistica, oltre alla Festa della Vendemmia. L’agglomerato disponeva di 4 teatri e 6 cinema e sulla stampa locale erano segnalate pure le programmazioni dei teatri Sociale a Como, Impero a Varese e del Casinò di Campione. A proposito di media, il Ticino aveva la più altra concentrazione mondiale rispetto alla popolazione: ben 6 quotidiani, un trisettimanale, alcuni mensili, tre reti TV nazionali, 9 reti radiofoniche nazionali, una radio e una TV private. Il Liceo, la Magistrale e Trevano offrivano il massimo in ambito di formazione a Lugano. Per l’università si andava altrove. Ed era un bene non solo per imparare nozioni ma per imparare a vivere lontani da mamma!
In città e negli immediati dintorni non mancavano ristoranti storici, eleganti e degni di nota, ma nemmeno alberghi di lusso o semplici pensioncine familiari. Il Palace era già un rudere in attesa di un provvidenziale crollo per poter costruire una banca. Attorno alla cosiddetta City costruita negli anni 60 e 70 sulle macerie di quartieri ottocenteschi, palazzi, case e ville del secolo scorso erano ancora numerosi, come pure i parchi privati. Mentre al Parco Ciani e sul lungolago le alberature erano ben maggiori. I negozi di lusso erano concentrati in Via Nassa mentre nelle altre zone del centro, pur in palese via di estinzione, sopravvivevano numerosi negozi di prossimità o a conduzione locale e familiare. Gli acquisti si facevano ancora in città. In tutto il Ticino i frontalieri erano circa 30 mila, nelle vie e nei negozi si sentiva spesso parlare dialetto e quasi tutti coloro che lavoravano nel terziario erano residenti.
Il traffico intasava già allora le strade, in particolare Via Besso. C’erano ancora i filobus e il trasporto pubblico urbano era decisamente carente e limitato. Per non parlare del servizio nelle zone periferiche. C’era però un interessante progetto che prevedeva la trasformazione della FLP in tram e la sua continuazione in galleria dalla stazione fino al Civico e a Cornaredo e poi su strada fino alle ex scuole, spazio vuoto già allora. La stazione era invece assai fatiscente con lo scalo merci accanto, ma la funicolare decisamente più simpatica e frequentata. Andare a Milano costava meno e durava meno tempo, c’erano i treni diretti per Kloten e da Lugano potevi arrivare senza cambiare treno a Venezia, Firenze, Genova, Roma, Lecce, Nizza, Amsterdam, Hannover, Amburgo e forse pure Mosca. E da Lugano grazie a Crossair si volava verso 44 destinazioni europee. Politicamente il Ticino, e in particolare Lugano, era ingessato e fermo al palo. I politici facevano un po’ quello che volevano con il territorio e le assunzioni per partito e per amicizia erano piuttosto la norma nel settore pubblico. Ma nel contempo si pensava alla Regio Insubrica, alle collaborazioni con la Lombardia, a progetti comuni senza frontiere. C’erano visioni ! E i grandi del mondo, anche grazie all’ETT e a noti albergatori, arrivavano in visita: i Regnanti di Svezia, Mitterand, Bush padre, Sophia Loren…
Sicuramente c’erano altri aspetti, ma io me la ricordo così. Una città bella ma che già mostrava i primi segni del cambiamento. Trent’anni dopo cosa troviamo? Riprendo la logica tematica precedente. Oggi la piazza finanziaria è solo l’ombra di sé stessa e il suo declino ha portato con sé il quello della città nel suo insieme. Culturalmente sta però cercando una sorta di rinascita con il bel progetto Lac – cresciuto con troppe polemiche per essere veramente amato e con un’architettura decisamente poco innovativa per essere una fonte di richiamo come a Lucerna o a Bilbao – ma nel contempo si sono distrutti due teatri e chiusi o distrutti tre cinema, sostituiti da un declinante multisala in periferia e da un Casinò per grandi giochi. Al posto dei piano bar sono arrivati invece locali a luce rosse. Non hanno saputo o voluto conservare Villa Favorita, e Villa Heleneum l’hanno sempre ignorata. E la Festa della vendemmia è stata sostituita da una miriade di micro eventi e feste in ogni stagione, e da innumerevoli walk e run. Oggi però dinamismo e offerte culturali sono sempre più numerosi, anche se spesso prettamente di richiamo locale, salvo quelle del nuovo Masi. Ma forse c’è più pubblico a vedere i vari nuovi show di motori e rumori. E le manifestazioni a Como e Varese sono sparite dai giornali e dalla RTSI… paura della concorrenza o semplicemente paura di voler essere insubrici? Per quanto riguarda i media sono rimasti solo due quotidiani, di cui uno controlla radio, tv private, varie testate scritte e online. Radio e tv pubbliche invece si sono moltiplicate, come pure l’informazione online usa e getta o da leggersi in pochi minuti. In fatto di formazione si sono fatti passi fa gigante, forse troppo da gigante, con USI, Supsi e collegi privati e meno.
I ristoranti storici sono quasi del tutto scomparsi, sostituiti da veloci fast food o da bar dallo stile uniformato, il numero di alberghi si è alquanto ridotto e le pensioncine sono quasi scomparse. Ma nel contempo non sono arrivate molte catene internazionali come si prevedeva. Il Palace per finire non è crollato e oggi affianca il suo lusso al Lac. Invece, in particolare dopo le fusioni con altri comuni, non si contano più i palazzi e le case storiche scomparsi, e i progetti edilizi, a volte frutto di pura speculazione e oggi spesso vuoti, che hanno cementificato la città. Pure l’ultimo spazio per uno sviluppo intelligente e innovativo, il progetto Nuovo Quartiere Cornaredo, rischia di non essere altro che banale edilizia. A poco a poco, in particolare sotto il Regno, gran parte della Lugano precedente è scomparsa. Per quanto riguarda il verde pubblico e privato ormai non si contano più le piante tagliate e non sostituite. Perfino Parco Ciani è stato mutilato anche se alla Foce è stato realizzato uno dei pochi progetti interessanti e lungimiranti. Non per niente oggi troviamo più gente al Ciani che in Via Nassa, strada ormai in totale declino passati gli anni d’oro dei soldi e del lusso facili, o nelle altre vie del centro dove i negozi chiusi sono decine. Resistono i rivenditori di cellulari, i fast food, le farmacie e la moda usa e getta, mentre per fare acquisti ci si sposta in zona Pian Scairolo, pessimo esempio di pianificazione urbanistica, o in Italia. Il centro, dopo aver perso la città vecchia nel 1939, ha pure perso la vita commerciale. E a volte la sensazione di città fantasma è realtà. Per quanto riguarda chi ci lavora, specialmente nel terziario, nella vendita e nella ristorazione, una gran parte sono frontalieri, giunti ormai a oltre 67 mila. E in centro il dialetto è ormai scomparso. Ma è aumentato il traffico.
Pe quanto riguarda il traffico la realizzazione della galleria Vedeggio Cassarate, un progetto della fine degli anni 60, ha migliorato decisamente la viabilità, anche se la mancanza di coraggio di pedonalizzare subito tutto il centro e un PVP arzigogolato creano ingorghi a non finire. Il lungolago, carta da visita di Lugano, è ormai solo una strada di scorrimento indispensabile giacché non si è voluto realizzare la galleria sotto il lago dal Palace al Ciani o almeno un tunnel sotto il Lac fino a Piazza Battaglini, o semplicemente un anello di circolazione a senso unico Lac-Centro-Stazione. Per contro il trasporto pubblico TPL e ARL è nettamente migliorato a livello di linee, corse e comodità. Anche se Lugano continua a mancare di corsie preferenziali per i bus e di vere piste ciclabili. Il progetto del tram, che di fatto è una FLP migliorata, è poco condiviso e non prevede nessuna data per la realizzazione della linea Cornaredo-Scairolo, la più utile, necessaria e urgente. Bella invece la nuova stazione, rinnovata però solo a metà e priva di negozi di prima necessità. Bella ma incompleta. E la nuova funicolare oggi corre fra muri di cemento. Andare a Milano costa e dura di più, e ci sono treni diretti solo per Zurigo e Basilea, raggiunti però più velocemente grazie a Alptransit. Mentre l’aeroporto, con l’unica tratta rimanente per Zurigo, è a rischio di chiusura. Politicamente la Lega all’inizio ha portato un certo sconquasso fra chi era ingessato, poi a poco a poco fra urla, attacchi a persone e progetti, paure e promesse mai mantenute, pure lei si è adattata al sistema. Mentre quasi tutti gli altri si adattavano a lei, e tutti assieme costruivano muri mentali a sud al punto da far morire ogni idea di Regione insubrica e di Ticino Regione aperta. Anche perché con la vicina Italia realizzare progetti comuni concreti e in breve tempo è assai arduo. E anche i grandi del mondo non sono più arrivati: ora solo VIP dal mondo del calcio o dello showbusiness, o bulli e pupe dall’est europeo per affari di ogni genere. Filmati e immagini ormai mostrano solo la bellezza del paesaggio che circonda Lugano o le località sul lago. E finché non scoppiano degli scandali, ci si dimentica della Lugano che ha fatto la fortuna dei palazzinari ma meno di chi abita in palazzi fatiscenti o vicino a cantieri mai terminati. Si è voluto diventare grandi ma forse non si è data importanza alle conseguenze sociali di questo sviluppo. La Lugano reale non è solo eccellenze, Piazza Riforma e Lungolago.
Oggi Lugano manca di visioni, non è più quella di prima ma non sa dove vuole andare. O piuttosto vorrebbe far tornare il passato. E pure molti progetti faraonici di cui già si parlava 30 anni fa, come il polo congressi al Campo Marzio e il mega stadio nuovo, sono forse ormai vecchi. E altri come la spiaggia fanno perdere solo tempo. Lugano deve decidere dove andare e con coraggio. Io partirei dalla semi pedonalizzazione del Lungolago con un percorso a senso unico su una sola corsia, con l’altra pedonale ma apribile al traffico in caso di necessità, e con un camminamento in legno su palafitte da Paradiso al Ciani dove non solo si possa passeggiare ma pure realizzare aree verdi di riposo e aree di ristoro. Perché la galleria non ci sarà mai. Era prevista nel 1958 ma ormai è troppo tardi. E poi Lugano ha bisogno di politici, funzionari e imprenditori che viaggiano, che vedano coi propri occhi cosa e come si fa nel resto della Svizzera e del mondo. Non è una vergogna copiare o dimostrare umiltà e rispetto per i propri limiti.
A me questa Lugano non piace più. E non mi interessa nemmeno più portare dei contributi per cambiarla. Ma per fortuna non ci sono solo muri di gomma e politici ingessati. Vedo emergere una nuova sensibilità e sta a queste nuove generazioni proporre e realizzare i cambiamenti. Largo ai giovani. Il Ticino è già fin troppo pieno di dinosauri che non riescono e non vogliono lasciare le redini, forse per paura di non più esistere?
1. settembre 2019 / Fm